Curiosità e generalità sui Pappagalli
Soltanto un terzo, ossia 107 delle 315 specie della famiglia dei pappagalli sono effettivamente chiamati “pappagalli”.
Ai rimanenti vengono dati altri nomi quali cacatua, parrocchetto, lori, ara, ecc. Di questi, 25 sono originari del Rio delle Amazzoni e hanno piumaggio prevalentemente verde e coda corta.
Una delle specie più grandi è quella del pappagallo amazzone dalla testa gialla, lungo circa 40 cm, con le ali macchiettate di azzurro o di rosso. Vive dal Messico al Brasile. Il pappagallo amazzone dalla testa albina rappresenta invece la specie più piccola. In media, la sua lunghezza si aggira sui 25 cm.
I lori sono di un rosso vivo e le loro ali recano una macchia rossa.
Un altro pappagallo tipico è quello africano. Esso vive nelle foreste tropicali dell’ Africa centrale e occidentale. Ha guance bianche e coda rossa.
Tutti gli psittacidi sono caratterizzati da una testa larga, da un collo tozzo e da un becco fortemente uncinato. la loro mascella, più lunga della mandibola, è curvata all’ingiù.
Alla radice del becco c’è una larga membrana cartilaginea, nuda e spessa, attraverso la quale si intravedono le narici. Delle quattro dita di ogni zampa, due sono rivolte in avanti e due all’indietro. Il piumaggio, che ricopre tutto il corpo, è oltremodo soffice.
I pappagalli, essenzialmente arboricoli, si spostano nelle foreste volando rumorosamente; i più piccoli cinguettano; i più grandi emettono gridi rauchi; si arrampicano sugli alberi aiutandosi col becco.
Grazie alle loro zampe prensili riescono a mantenere il cibo tra gli artigli. Il loro palato sembra assai più sviluppato che nella maggior parte degli altri uccelli. Non ingoiano il cibo senza averlo dapprima assaporato sulla loro lingua carnosa.
Perché imitano voci e suoni?
Da secoli, i pappagalli amazzoni e il pappagallo cenerino (particolarmente quest’ultimo), familiarizzano facilmente con l’uomo, che li apprezza per la loro naturale predisposizione all’imitazione delle voci e dei suoni.
I più dotati riescono a riprodurre qualsiasi suono, dal canto degli uccelli ai rumori meccanici e al linguaggio umano. Zufolano melodie, ripetono frasi musicate, ridono, piangono e chiamano persino per nome le persone.
La loro maniera di esprimersi vocalmente ha insomma un certo che di umano. Un pappagallo grigio africano sapeva imitare persino il gesticolare del suo padrone.
La fama dei pappagalli si trovò minacciata negli ultimi anni dalle capacità d’imitazione dei parrocchetti canori e dei mainati (gracule religiose), capacità da taluni ritenuta superiore. È dubbio tuttavia che la differenza sia sensibile.
Si è anche sostenuto che il pappagallo non comprenda affatto ciò che traduce in voce o suono. Da un attento studio risulta invece che esso associa parole e suoni agli avvenimenti e alle persone nello stesso modo di un bambino di due anni.
Altri pretendono che il pappagallo, buon imitatore quand’è addomesticato, non imiterebbe alcunché trovandosi in libertà. L’ipotesi non è agevolmente ammissibile.
La ghiandaia europea addomesticata riesce a pronunciare parole, e quella selvatica imita lo squittire della civetta. È assai probabile che il pappagallo imiti pure i suoni del suo habitat naturale, ma il problema rimane aperto per non essere stato studiato ancora a dovere.
Come fanno i pappagalli a riprodurre i suoni?
Se si considera la struttura del suo organo vocale, sorprende il fatto che il pappagallo possa imitare una così notevole varietà di suoni.
Nell’uomo, la laringe e le sue corde vocali sono situate nella parte superiore della trachea. Il passaggio dell’aria sulle corde le fa vibrare producendo parole o suoni modulati a seconda anche della posizione della lingua e dei denti, nonché della forma delle guance e delle labbra.
Nell’uccello, la siringe è posta alla base della trachea ed è soltanto la contrazione di una dozzina di piccoli muscoli che produce i vari suoni.
Questi non sono prodotti dalla laringe, bensì da due membrane tese alla base della trachea in fondo alla gola.
Ecco perché un uccello può cantare a becco chiuso, cosa che fa spesso, e un pappagallo parlare a becco chiuso.
Così avviene pressappoco per il ventriloquo, dando l’impressione che la voce abbia un’altra provenienza. Le consonanti emesse da un ventriloquo non risultano nitide se ascoltate attentamente, e la stessa lacuna la si riscontra anche fra gli uccelli che parlano, come dimostra quanto segue.
Un cane viveva in una casa dove c’era anche un pappagallo. Ogni volta che il cane cercava di svignarsela verso il giardino, il padrone lo richiamava fischiando e scandendone il nome. Il cane si arrestava e rientrava. Quando il cane cercava di andarsene di soppiatto approfittando dell’assenza del padrone, il pappagallo fischiava o lo chiamava per nome, imitando apparentemente bene la voce del padrone.
Senza nemmeno volgere la testa, il cane rizzava allora un orecchio e proseguiva imperturbato la sua corsa perfettamente consapevole che a chiamarlo era solo quell’impertinente di un pappagallo. L’udito del cane, verosimilmente più selettivo, percepiva immediatamente la differenza fra la voce del suo padrone e quella del pappagallo.
La riproduzione dei pappagalli in natura
Il pappagallo nidifica di solito in una cavità d’albero; più di rado in tane o crepe rocciose; qualche specie australiana scava il proprio covo in un termitaio. Il covo è sempre lasciato a nudo; tutt’al più, le uova sono deposte su un po’ di polvere di legno marcito o altra materia simile.
Bianche, un po’ lucide, di forma quasi sferica, esse sono in numero di 2-3 nei grandi pappagalli e fino a 10 nei piccoli.
L’incubazione, curata dalla femmina, dura un po’ più di un mese. Alla schiusa, il piccolo, di tinta chiara, ha chiari anche il becco e gli artigli. Il corpo si ricopre rapidamente di soffici piume, mentre il becco diventa nero già dopo qualche giorno.
La femmina di pappagallo cova i suoi piccoli per due mesi, soprattutto di notte. Questi sono alimentati dal maschio per rigurgito.
A piumaggio completo, i giovani somigliano agli adulti, tranne il corpo che è di un grigio più scuro, la coda che è di un rosso meno acceso e gli occhi che sono completamente neri.
I pappagalli, un altro migliore amico dell’uomo
Da tempo immemore i pappagalli sono ritenuti gli uccelli da compagnia per eccellenza e molte specie vengono allevate in cattività anche fuori dalle gabbie o dalle voliere, tenute su un trespolo con o senza catenina a una zampa.
Si tratta in realtà di uccelli molto intelligenti, divertenti, facilmente addomesticabili, ai quali si possono insegnare diversi giochetti, e che in alcuni casi riescono a imitare la voce umana e imparano a ‘parlare’.
Altra caratteristica che fa dei pappagalli specie favorite dagli appassionati è la loro discreta longevità. Si sa di giachi o pappagalli grigi africani e di amazzonie, che sono vissute in compagnia dell’uomo per oltre cinquant’anni e non sono rari i documenti che attribuiscono alle specie più grosse una sopravvivenza certamente ultracentenaria.
Attualmente molti paesi regolano o proibiscono addirittura l’importazione dei pappagalli presi in natura. La gran parte delle specie che si trovano attualmente sul mercato sono dunque perfettamente acclimatate e gli individui, con ogni probabilità, nati in cattività.
Un fattore che spesso blocca il neofita nell’acquisto dei pappagalli è la loro presunta pericolosità per la possibilità che hanno di trasmettere malattie infettive anche per l’uomo, quali la cosiddetta psittacosi.
I pappagalli trasmettono malattie all’uomo?
E’ bene precisare subito che se in qualche caso è possibile che ciò si verifichi, in realtà questa malattia virale, che infetta i polmoni, ha una origine ben diversa che proviene il più delle volte da ceppi di virus che vengono da animali domestici, soprattutto dai piccioni.
Tanto è vero questo che oggi non si parla più, giustamente, di psittacosi, ma di omitosi, ovverosia di infezione trasmessa dagli uccelli.
Pare provato, in moltissimi casi almeno, che se i pappagalli sono portatori di questo virus essi sono stati a loro volta infettati da altri animali domestici.
La pulizia scrupolosa, l’alimentazione corretta e in genere tutte le attenzioni per mantenere i pappagalli in buona salute sono anche un elemento di sicurezza per chi li tiene in cattività e costituiscono la garanzia, quasi assoluta, per evitare spiacevoli infezioni.
Naturalmente sarà opportuno evitare quegli eccessi di confidenza con gli animali, che sono purtroppo frequenti nel caso dei pappagalli, per i quali i nostri ospiti vengono troppo spesso in contatto con noi.
Chi tiene i pappagalli liberi facilmente li ‘maneggia’, li lascia sporcare per ogni dove, si lascia beccare anche delicatamente su parti vulnerabili del corpo come il viso e le labbra. In questo caso è chiaro che la possibilità di assumere agenti patogeni dai nostri ospiti è aumentata.
Tuttavia, soprattutto coi bambini, se osserveremo quel minimo di norme igieniche che sempre dovremmo osservare nel contatto con altri esseri viventi, i rischi di infezione, di qualunque tipo, saranno assolutamente trascurabili e certamente comunque non maggiori di quelli che si hanno avvicinando persone affette da raffreddori, influenza o altre malattie infettive.
Il buon senso ancora una volta sarà l’arma migliore.
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